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Diciottenne milanese colpito da una grave forma di Covid-19 salvato da un trapianto record di polmoni

Trapianto di polmoni_ covid

Riprende il via la rubrica #dietrolanotizia dedicata all’approfondimento delle notizie legate al mondo della donazione e del trapianto a cura di Fondazione Trapianti con la notizia del giovane diciottenne milanese con i polmoni distrutti dal Covid-19 salvato da un trapianto record grazie al racconto di Mario Nosotti e Alessandro Palleschi dell’Unità Operativa di Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone del Policlinico di Milano.

Un diciottenne milanese, colpito in forma gravissima dal Coronavirus, dopo aver trascorso oltre due mesi in Rianimazione è stato salvato dai medici con un trapianto bilaterale di polmoni  eseguito lo scorso 18 maggio al Policlinico di Milano. Il virus infatti gli aveva «bruciato» i due organi, rendendoli incapaci di respirare in pochi giorni.

Si tratta di un caso rarissimo, il Covid-19, infatti, nella maggior parte degli adolescenti procura soltanto sintomi lievi. Invece lui, 18 anni appena compiuti, sano e senza patologie pregresse, si è ritrovato nel giro di pochi giorni ricoverato in gravissime condizioni in Rianimazione nel nuovo reparto di Terapia intensiva dell’Ospedale San Raffaele, allestito per fronteggiare l’ondata di malati Covid. .

Visto il progressivo aggravarsi delle sue condizioni, i medici dell’Unità di terapia intensiva cardiochirurgica dell’Irccs di via Olgettina lo hanno collegato, in coma farmacologico, alla macchina salvavita Ecmo. I suoi polmoni però erano compromessi irrimediabilmente: in un confronto con gli esperti della Chirurgia toracica e trapianti di polmone del Policlinico, diretti dal dott. Mario Nosotti, si è deciso di tentare la via del trapianto.

Si è messa così in moto la macchina del Centro Nazionale Trapianti: dopo la valutazione positiva, il giovane è stato inserito nella lista d’attesa urgente nazionale il 30 aprile, e poco meno di due settimane fa è stata individuata una coppia di organi idonei, donati da una persona deceduta in un’altra Regione e negativa al coronavirus, ed è stato immediatamente predisposto il prelievo.

Si tratta del primo caso in Europa,  un intervento simile era stato tentato solamente in Cina – anche se nel frattempo è stato eseguito un simile a Vienna.

Quanto accaduto rappresenta il progresso nella medicina dei trapianti e, al contempo, apre la strada a molteplici riflessioni legate all’emergenza sanitaria che il Paese sta affrontando.

Per questo abbiamo chiesto al professor Mario Nosotti, direttore, e al dott. Alessandro Palleschi dell’ Unità Operativa di Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone del Policlinico di Milano di raccontarci meglio il percorso che ha portato a questo intervento.

Il 18 maggio scorso, presso l’Unità Operativa di Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone del Policlinico di Milano, abbiamo effettuato un trapianto di polmone bilaterale su un ricevente di 18 anni colpito dal COVID-19.

Il giovane ragazzo ha sviluppato i primi sintomi dell’infezione da SARS-COV-2 agli inizi di marzo. Per il rapido peggioramento delle condizioni cliniche, veniva ricoverato presso la terapia intensiva COVID-dedicata creata nella tensostruttura dell’Ospedale San Raffaele. L’insufficienza respiratoria ingravescente richiedeva una intubazione precoce e successivamente l’introduzione del supporto circolatorio extra-corporeo. I rianimatori ci hanno chiesto la valutazione per una eventuale iscrizione in lista di attesa per trapianto di polmone. Il danno polmonare parenchimale è apparso da subito esteso e irreversibile. Il polmone era peraltro l’unico organo colpito, e anche la componente neurologica era conservata.

La decisione è stata tutt’altro che semplice per i risvolti clinici ed etici. Abbiamo attivato prontamente un confronto con il direttore del Centro Nazionale Trapianti (Dott. Massimo Cardillo) e con l’infettivologo di riferimento, Prof. Paolo Grossi. In collaborazione con gli specialisti pneumologi, infettivologi e rianimatori del Policlinico e col NITp, abbiamo creato un percorso dedicato di gestione sia terapeutica che logistica. Allo stesso modo, venivano effettuati ripetuti test qualitativi e quantitativi sui diversi campioni biologici del paziente fino a negativizzazione completa della presenza del virus. Alla fine, giungevamo all’iscrizione in lista e veniva attivato il protocollo dell’urgenza nazionale per il polmone.

Il 17 maggio è arrivata la segnalazione di un donatore compatibile. Al giudizio di idoneità da parte della nostra equipe di prelievo, il ragazzo ha affrontato il delicato trasporto presso la nostra sala operatoria attrezzata per l’occasione. Nonostante la negatività dei test, la possibilità di liberazione del virus dal parenchima polmonare dopo l’accesso al torace e la manipolazione chirurgica è assolutamente concreta. Noi chirurghi abbiamo effettuato l’intervento con l’ausilio di caschi integrali ventilati e ci siamo alternati tra di noi per ovviare al calo della performance legato alla difficoltà fisica. Il polmone del ragazzo ci è apparso completamente distrutto e sovvertito, ed in alcuni punti fuso con la parete toracica, senza contare l’importante sanguinamento per l’alterata coagulazione da prolungata circolazione extra-corporea. Alla riperfusione, entrambi gli organi hanno ripreso la loro funzione. A dodici ore dalla fine dell’intervento, i rianimatori hanno sospeso il supporto circolatorio extra-corporeo e il ragazzo lentamente si è risvegliato ed al momento sta affrontando con ottimi risultati il percorso di riabilitazione. Alla abituale terapia immunosoppressiva e di profilassi, abbiamo introdotto un approccio dedicato con antivirali e siero iperimmune, nonché un attento monitoraggio del virus su campioni biologici.

I primi trapianti di polmone per le sequele dell’infezione da SARS-CoV-2 sono stati riportati in Cina dal gruppo di Wuxi, con il quale abbiamo tenuto rapporti continui. Pur avendo da subito avuto ben chiaro che ci sarebbe stata anche per noi la possibilità di arrivare ad affrontare questa esperienza ed esserci preparati molto in questa direzione, è rimasto comunque un salto nel vuoto. Tanti sono gli aspetti da considerare sul piano clinico, logistico ed etico. Certamente, la possibilità di condividere le scelte con il CNT e con gli altri centri trapianto, così come l’approccio multidisciplinare integrato all’interno del nostro ospedale, ha consentito di affrontare questo percorso mai testato.

Com’è noto, il primo caso certificato da Coronavirus COVID-19 in Italia è stato diagnosticato il 18 febbraio 2020. L’epicentro iniziale è stata la Lombardia, da dove il virus si è diffuso rapidamente in tutto il paese. Oltre al tasso di morbilità e mortalità in sé, un’epidemia di questa portata porta a potenziali “effetti collaterali”, che sono più difficili da valutare e prevedere. Sappiamo che il trapianto polmonare è un trattamento consolidato per la malattia polmonare cronica end-stage ma decidere di mantenere aperti i programmi di trapianto durante un’epidemia di queste dimensioni non è facile. Infatti, pazienti immunosoppressi possono rappresentare una categoria a rischio, la possibilità di trasmissione donatore-ricevente deve essere considerata, e la gestione standard del ricevente può essere alterata per la necessità di destinare le risorse sanitarie ad altri settori. In realtà, il ruolo dell’immunosoppressione come fattore di rischio è tutto da confermare e, in Italia, sono stati implementati i controlli sul donatore al fine di ridurre al minimo il rischio di trasmissione. Pertanto, noi crediamo che la chiusura dei programmi di trapianto di polmone non sia la strada giusta e si dovrebbe cercare il giusto equilibrio tra l’impegno massiccio nei confronti della pandemia e l’identificazione di percorsi riservati per il trattamento dei pazienti più critici che necessitano di un trapianto. D’altra parte, occorre considerare che il bersaglio del COVID-19 sono proprio i polmoni, determinando un’alterazione ‘distruttiva’ nella fase iniziale di malattia e ‘restrittiva’ in quella successiva. La scelta di preservare la nostra attività ci ha consentito di gestire con successo questo difficile caso e siamo convinti che possa rappresentare una ispirazione per la gestione di pazienti nelle stesse condizioni.

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