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DIALISI
La dialisi è una terapia per rimuovere le scorie prodotte dall’organismo e l’eccesso di liquido dal sangue quando la funzionalità renale del malato risulta compromessa dell’85-90
La dialisi viene utilizzata come terapia principalmente in pazienti con insufficienza renale cronica, che comporta la perdita progressiva ed irreversibile della funzione renale: i reni non sono in grado di garantire l’equilibrio interno (la cosiddetta omeostasi), eliminando le scorie metaboliche (soprattutto quelle azotate e il potassio) e i liquidi in eccesso: le conseguenze su tutto l’organismo sono particolarmente gravi (p.e il coma uremico), fino alla morte del paziente.
Con il trattamento dialitico è possibile sostituire in parte la funzione depurativa e filtrante del rene e mantenere l’omeostasi interna.
Negli stadi finali, il trapianto di rene rappresenta il trattamento ottimale, ma non è sempre possibile; in tali circostanze, la dialisi regolare rappresenta l’unica soluzione per mantenere in vita il paziente.
La dialisi si basa sul principio dello scambio per osmosi tra l’acqua del plasma e i suoi soluti da un lato e un liquido esterno (soluzione dialitica) dall’altro, attraverso una membrana semipermeabile.
Esistono due tipi di dialisi, l’emodialisi e quella peritoneale.
Nell’emodialisi lo scambio avviene attraverso un filtro di materiale sintetico contenuto in un’apparecchiatura esterna, il rene artificiale, Il sangue viene prelevato attraverso un particolare accesso vascolare (fistola artero-venosa) e inviato con una pompa alla macchina.
Ogni seduta dialitica dura all’incirca 4 ore e di regola sono previste sedute a giorni alterni.
Salvo che in casi particolari i trattamenti di emodialisi sono effettuati in ospedale o presso centri dedicati.
Nella dialisi peritoneale si sfrutta come membrana dialitica la membrana peritoneale che riveste i visceri addominali e come liquido di scambio un fluido immesso nella cavità addominale attraverso un particolare catetere a permanenza.
La dialisi peritoneale viene effettuata di regola a domicilio, spesso durante la notte e con cadenza quotidiana.
La dialisi è un trattamento salvavita, che deve essere mantenuto per sempre, ed è molto impegnativo per i paziente ma anche per la famiglia, e non è scevro da complicazioni ed effetti collaterali.
Non si dive dimenticare che, nonostante il trattamento depurativo, si è sempre in presenza di una malattia cronica che interessa l’intero organismo.
Nei casi di insufficienza renale cronica, in assenza di controindicazioni, il trapianto di rene, sia da cadavere sia da vivente, è senza dubbio la soluzione da preferire. E’ dimostrato che con il trapianto si ottengono decisi miglioramenti sia sulla durata della vita sia sulla qualità. I risultati del trapianto sono tanto migliori quanto minore è la durata del trattamento dialitico precedente, tanto che quando è possibile si ricorre al trapianto prima di iniziare la dialisi. Anche dal punto economico, è noto che i costi della dialisi nel giro di pochi anni superano ampiamente quelli del trapianto, inizialmente elevati.
- Emodialisi comporta il passaggio del sangue del paziente attraverso un sistema chiamato rene artificiale. Il dispositivo per la dialisi contiene una membrana semipermeabile che suddivide lo spazio interno in più compartimenti: uno contiene il liquido per la dialisi, l’altro il sangue inviato alla macchina da un catetere arterioso. Man mano che il sangue procede all’interno dell’apparecchio, si verificano, attraverso la membrana, scambi di soluti tra il sangue ed il fluido dialitico. Questa membrana, essendo semipermeabile, permette il passaggio delle molecole secondo il loro gradiente elettrochimico (diffusione passiva), impedendo quello degli elementi corpuscolati del sangue e delle proteine. I livelli delle componenti del liquido dialitico possono variare e sono tipicamente prescritti da un nefrologo secondo le esigenze del singolo paziente, allo scopo di favorire il movimento di particolari molecole in una particolare direzione. Avvenuto lo scambio, il sangue lascia il dispositivo e ritorna al paziente attraverso ad un catetere venoso. La maggior parte dei pazienti necessita di tre sedute a settimana, ciascuna della durata di quattro ore.
- Dialisi peritoneale sfrutta una membrana presente all’interno del corpo, il peritoneo appunto, nello stesso modo in cui viene usata la membrana semipermeabile nell’emodialisi. Il peritoneo è una sottile membrana che riveste l’interno dell’addome e circonda e supporta gli organi addominali, come lo stomaco e il fegato. Come i reni, il peritoneo contiene migliaia di piccoli vasi sanguigni, caratteristica che lo rende utile come dispositivo di filtraggio. Durante questo tipo di dialisi, il fluido dialitico viene introdotto grazie ad un catetere all’interno della cavità peritoneale. In questo modo, si verifica uno scambio di soluti tra il sangue che percorre i capillari del peritoneo e il liquido di dialisi contenuto nella cavità peritoneale. Trascorso un determinato periodo di tempo (circa 4-6 ore), il liquido dializzato viene rimosso dalla cavità addominale.
La dialisi rappresenta un trattamento impegnativo, che richiede una notevole collaborazione da parte del paziente, che deve recarsi in ospedale più volte alla settimana con potenziali e vari effetti collaterali tra cui pressione bassa, spossatezza, parestesie), prurito e crampi muscolari.ma rappresenta anche una potenziale misura salva-vita per tutti coloro che non possono accedere al trapianto.
Quando è possibile, tuttavia, il trapianto è una soluzione preferibile: i risultati del trapianto di rene sono oggigiorno ottimali con una sopravvivenza dell’organo trapiantato superiore al 90% nel primo anno, certo è che il paziente deve continuare a prendere i farmaci immunosoppressori che permettono al corpo di accettare l’organo ricevuto.
DOMINO (Trapianto)
Tecnica di trapianto in cui un organo è rimosso da un paziente ed immediatamente trapiantato su di un altro ricevente. Il primo paziente riceve invece un nuovo organo da un’altra fonte, solitamente da un donatore cadavere.
Si tratta di una tecnica assai complessa e riservata a casi particolari, riservata a pochi centri di altissima specializzazione e riguarda il trapianto di fegato e di cuore.
Nel caso del fegato questa metodica trova indicazione in alcuni casi di gravi malattie metaboliche (come l’amiloidosi) che compromettono la nomale funzionalità dell’organo, ma solo in quelle specifiche condizioni, e che non ne impediscono invece l’utilizzo in pazienti affetti da forme di insufficienza epatica di altra natura (cirrosi, epatocarcinoma ecc).
Nel caso del cuore l’organo può essere prelevato da un paziente affetto da gravissima ipertensione polmonare e sottoposto a trapianto del blocco cuore-polmone. Il problema originario è quindi nella disfunzione del polmone e di conseguenza il cuore, una volta trapiantato nel nuovo ricevente affetto da insufficienza cardiaca terminale, è ancora in grado di svolgere un’adeguata funzione.
DIAMO IL MEGLIO DI NOI
Diamo il meglio di noi è la campagna nazionale di sensibilizzazione sulla donazione di organi, tessuti e cellule, a cura del Centro Nazionale Trapianti (Ministero della Salute) in collaborazione con le Associazioni di settore.
La campagna Diamo il meglio di noi intende coinvolgere le realtà pubbliche e private del nostro Paese chiedendo loro di contribuire all’informazione sulla donazione e il trapianto di organi, tessuti e cellule attraverso il coinvolgimento dei dipendenti, sostenitori, soci e stakeholder.
Ogni organizzazione pubblica e privata può aderire con azioni di informazione modulabili secondo le proprie caratteristiche e finalità. Le Regioni e gli enti territoriali sono cruciali per diffondere in modo capillare la cultura della donazione e possono aderire alla campagna Diamo il Meglio di Noi creando un sistema virtuoso di azioni di promozione sul territorio.
I Coordinamenti Regionali Trapianto possono farsi promotori della campagna nella propria Regione, presso gli enti pubblici e privati, e governare le relazioni sul territorio per aumentare l’informazione sul tema ai cittadini e organizzare iniziative congiunte con le realtà territoriali.
Fondazione Trapianti onlus è partner della campagna.
DONATORE (sin donante no hay trasplante)
In ambito biologico donatore è la persona che offre, gratuitamente e volontariamente, in vita o dopo la morte, una parte del proprio organismo (organi, tessuti, come per esempio il sangue, cellule, come per esempio le staminali emopoietiche), perché questa possa trapiantata o innestata in un soggetto malato (ricevente) ai fini terapeutici.
Si annoverano quindi donatori di sangue, di midollo osseo, di sangue del cordone ombelicale, di organi (in vita o dopo la morte), di tessuti, di cornea, donatrici di ovociti e così via.
Chi può essere donatore e come si diventa donatore.
Tutti i cittadini maggiorenni possono essere donatori, se vi sono le condizioni psicofisiche, nel rispetto delle norme e dei criteri clinici che regolano ogni tipo di donazione biologica.
Per i minorenni occorre sempre il consenso di entrambi i genitori.
Ci sono tanti modi per diventare un donatore, seguendo i diversi percorsi previsti e sempre dopo esplicito consenso. Dopo la morte in Italia possono essere donatori (di organi e tessuti) solo coloro che hanno registrato in vita il proprio consenso o, in mancanza, se i famigliari che ne hanno diritto non si oppongono entro i termini consentiti dalla normativa.
Nel 2020 è stata approvata la legge che consente di donare il proprio corpo, dopo la morte, a fini di studio, formazione e ricerca scientifica.
Occorre ricordare che non esistono i trapianti senza i donatori (“sin donante non hay trasplante”): è questo un aspetto del tutto peculiare della medicina, dove la possibilità di portare a termine un programma terapeutico fondamentale e spesso salvavita è condizionato dalla disponibilità dell’organo e quindi del donatore.
DONAZIONE (biologica):
Nella medicina dei trapianti, e’ un atto volontario, consapevole, gratuito e anonimo, alla base di ogni trapianto.
Si distinguono diversi tipi di donazione di organi e/o tessuti e cellule.
- in vita (da vivente)
- dopo la morte (da cadavere)
Donazione in vita (esclusa donazione di sangue)
In Italia la donazione in vita è strettamente regolamentata da leggi e protocolli che definiscono le procedure, le indicazioni e contrindicazioni cliniche e le modalità di adesione.
Organi: si possono donare in vita il rene (Legge 26 giugno 1967 n. 458) e una porzione del fegato (Legge 16 dicembre 1999 n. 483); in quest’ultimo caso si parla tecnicamente di “split”. Dal 2012 è consentito anche il trapianto parziale tra persone viventi di polmone, pancreas e intestino (Legge 19 settembre 2012 n. 167); queste ultime tipologie di donazione non si sono ancora svolte nel nostro Paese.
In Italia le donazioni da vivente di rene e fegato sono frequenti; in media, si fanno più di 300 interventi l’anno. In genere, queste tipologie di interventi si eseguono tra consanguinei (come genitore e figlio) o persone affettivamente correlate (come moglie e marito), per scongiurare ogni possibilità di commercio.
Ai fini della donazione da vivente, il potenziale donatore è sottoposto ad un’attenta valutazione per accertare il suo ottimale stato di salute psico-fisico, nonché la reale disponibilità di un consenso libero ed informato e l’assenza di condizionamenti.
Per il rene, nel caso di incompatibilità immunologica tra donatore e ricevente esiste uno specifico programma di trapianto, chiamato cross-over, che consente di incrociare tra loro coppie nella stessa condizione. Si può anche donare il rene in favore di uno sconosciuto: è la donazione “samaritana”, che consente di salvare la vita di un paziente con il quale non si ha alcun legame di tipo parentale o affettivo.
Nel mondo sono stati effettuate molte migliaia di trapianti di rene da vivente e i risultati sono molto buoni sia per i riceventi sia per i donatori, nei quali è stata osservata una qualità di vita analoga a quella della popolazione normale.
Il trapianto da donatore vivente è una valida opzione terapeutica che presenta risultati migliori rispetto a quello da donatore deceduto. Per questo motivo, è fondamentale aumentarne la conoscenza tra i pazienti e i loro familiari che possono approfondirne i contenuti con il proprio medico curante e presso le strutture di nefrologia presenti sul territorio nazionale, che devono impegnarsi per favorire questa pratica.
Il trapianto di rene da vivente può avere luogo anche prima dell’inizio della dialisi (cosiddetto “preemptive”).
La donazione da vivente riguarda le cellule staminali emopoietiche (del midollo osseo), del sangue del cordone ombelicale e del tessuto osseo ricavato dalle teste di femore eliminate nel corso di interventi di protesi totale d’anca.
Donazione dopo la morte (da cadavere)
La donazione da cadavere a scopo di trapianto/innesto può riguardare gli organi, rene, fegato, cuore, polmoni, pancreas, intestino (tutti quindi tranne encefalo e gonadi) e tessuti come la cute, il tessuto muscolo scheletrico (ossa e tendini), le valvole cardiache, i vasi sanguigni e soprattutto le cornee.
In Italia la donazione da cadavere è possibile solo dopo l’accertamento della morte (secondo normativa) e con il consenso espresso in vita della persona defunta o la non opposizione dei famigliari.
La morte è la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo: l’accertamento può avvenire secondo criteri cardiologici (assenza di attività all’ECG per 20’ o asistolia) o neurologici (assenza di attività elettrica cerebrale, “EEG piatto”, assenza di attività respiratoria spontanea, assenza dei riflessi dei nervi cranici), la cosiddetta “morte cerebrale”.
Nel primo caso si parla di donazione a cuore fermo (donation after cardiac death, DCD), nel secondo di donazione a cuore battente o in morte cerebrale (donation after brain death, DBD).
La condizione di morte cerebrale può verificarsi solo in pazienti affetti da gravissime lesioni encefaliche (trauma, accidente vascolare, anossia prolungata, infezioni), ricoverati in Terapia intensiva e sottoposti a respirazione artificiale, purtroppo con esito sfavorevole. In questi casi, pur essendo il soggetto morto, l’attività cardiaca e quindi la circolazione sanguigna persistono in maniera autonoma per un certo lasso di tempo, garantendo la perfusione degli organi, mentre l’ossigeno è fornito dai sistemi di respirazione artificiale.
Dopo l’accertamento della morte da parte di un collegio medico composto da tre specialisti e un periodo di osservazione non inferiore alle 6 ore, se vi sono le condizioni cliniche e il consenso, è possibile procedere al prelievo degli organi per il trapianto e dei tessuti, inviati alle banche.
Nella donazione a cuore fermo il prelievo di organi e/o tessuti avviene invece in soggetti deceduti in seguito ad arresto cardiaco irreversibile.
Questo evento può manifestarsi in maniera del tutto imprevista e inattesa oppure dopo sospensione dei trattamenti di supporto delle funzioni vitali, giudicati inappropriati e sproporzionati (Leggi il documento SIAARTI).
Nel primo caso di parla (secondo la terminologia internazionale) di “donazione a cuore fermo non controllata” (inattesa) , nel secondo di “donazione a cuore fermo controllata” (programmata).
Occorre sottolineare che la decisione di limitare i trattamenti intensivi è basata unicamente sulla valutazione clinica della sua inefficacia e nel rispetto della volontà della persona, indipendentemente dalla possibile eventuale donazione.
A differenza di quanto accade nella donazione a cuore battente, nella donazione a cuore fermo si osserva un periodo di totale assenza di perfusione (ischemia) con conseguente danno alle cellule; è necessario quindi garantire la funzionalità degli organi con modalità artificiali di conservazione, che devono essere instaurate immediatamente per non pregiudicare il loro stato.
In Italia inoltre il periodo di asistolia per l’accertamento secondo la legge è di 20’, più lungo di quello previsto in tutti gli altri paesi. Il timore che questo fattore potesse rendere non utilizzabili gli organi ha condizionato per molto tempo la possibilità di donazione a cuore fermo nel nostro paese, fino al 2009, quando è stato portato a termine con successo primo caso presso l’ospedale S. Matteo di Pavia.
Da allora la metodica si è diffusa ed è attualmente praticata in molti centri.
Attualmente con questo tipo di donazione è possibile prelevare i reni, il fegato, il polmone. Numerosi organi prelevati in queste situazioni sono stati trapiantati con buon esito. In alcuni paesi (Gran Bretagna, Spagna, Australia) sono attivi anche programmi di trapiantato di cuore, possibile in particolari condizioni.
DONAZIONE DEDICATA
In Italia non è consentita la conservazione per uso unicamente autologo cioè personale del sangue del cordone ombelicale, tranne quando, tra i consanguinei del nascituro, vi sia una patologia per la quale è riconosciuto clinicamente valido ed appropriato l’utilizzo terapeutico delle cellule staminali del sangue da cordone ombelicale.
In tale caso si tratta di “donazione dedicata” e le cellule staminali, conservate gratuitamente nelle banche italiane, sono ad esclusiva disposizione della persona alla quale sono state dedicate in ragione della sua patologia.
La normativa nel nostro Paese consente la conservazione delle cellule staminali da sangue cordonale per uso autologo-dedicato al neonato o ad un consanguineo, presso le banche di sangue placentare esistenti sul territorio nazionale, solo in alcuni casi:
- quando il nascituro o un suo consanguineo presenta, o al momento del parto o in epoca pregressa, una patologia per la quale il trapianto di cellule staminali emopoietiche è clinicamente valido
- quando nella famiglia c’è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile a futuri figli per la quale il trapianto è una pratica scientificamente appropriata.
La conservazione del sangue cordonale per uso autologo-dedicato è autorizzata dal responsabile della banca per la conservazione del sangue cordonale, previa presentazione di motivata documentazione clinico sanitaria rilasciata da un medico specialista nel relativo ambito clinico e avviene con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale.
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