Donazione e trapianti, una scelta di rete

Intervista a Giuseppe Piccolo, direttore del Coordinamento Regionale Trapianti della Lombardia, e a Marco Sacchi, Responsabile del Programma Regionale di Procurement

di  Francesca Boldreghini

I dati della Lombardia riguardanti la donazione e i trapianti, nei primi mesi di quest’anno, hanno superato la media nazionale. Un risultato frutto della pianificazione sanitaria regionale, con la graduale soluzione delle cause che limitavano lo sviluppo della donazione e con una sempre maggiore attenzione al tema da parte delle Direzioni ospedaliere. Ma esistono ancora margini di miglioramento con azioni incentrate sulla donazione da cadavere e sulla donazione da vivente del rene ed è già pronto un progetto globale di miglioramento, con un coinvolgimento a 360 gradi di AREU, da presentare al DG Welfare. Lo spiegano a riVivere il dottor Giuseppe Piccolo, direttore del Coordinamento Regionale Trapianti della Lombardia, e il dottor Marco Sacchi, Responsabile del Programma Regionale di Procurement.

 

Nei primi mesi di quest’anno, i dati della Lombardia riguardanti le donazioni e i trapianti hanno superato la media nazionale. Come possiamo interpretare questi risultati positivi? A quali fattori possiamo attribuirli?

L’incremento dei tassi di donazione di organi in Lombardia è frutto di una scelta di pianificazione sanitaria regionale. Già nel 2019, una Delibera di Giunta aveva accolto le indicazioni del Piano Nazionale Donazione Organi 2018-2020, ma l’emergenza pandemica da Covid ha impedito la riorganizzazione del percorso di donazione nelle strutture sanitarie. Nel 2022, a seguito di una precisa indicazione del Consiglio Regionale e preso atto delle criticità emerse dall’audit condotto dal Centro Nazionale Trapianti presso il Centro Regionale Trapianti, DG Welfare ha definito due atti strategici per la riorganizzazione e lo sviluppo del Sistema Regionale Trapianti: la DGR XI/6150 del 21 marzo 2022 “Determinazioni in merito alla revisione e aggiornamento del modello organizzativo del Sistema Regionale Trapianti” e la DGR XI/6329  “Sistema Regionale Trapianti: programma regionale per lo sviluppo della donazione di organi e tessuti allo scopo di trapianto 2022-2023”.

Nelle suddette delibere, il Coordinamento Regionale Trapianti è collocato presso la DG Welfare-UO Polo Ospedaliero, con il mandato tecnico di verifica e supporto allo sviluppo alle azioni di miglioramento del programma regionale di donazione 2022-2023 rivolto ad ASST, IRCCS pubblici, ATS e Privato accreditato.

I risultati positivi dipendono dalla graduale soluzione delle cause che limitavano lo sviluppo delle donazioni. In sintesi, la donazione degli organi e tessuti non era inserita tra le attività istituzionali di un ospedale, quindi nella maggior parte delle strutture non esistevano Coordinamenti Ospedalieri di Procurement strutturati con risorse formate e dedicate. Inoltre, la donazione sta entrando a fare parte in modo sistematico del percorso di fine vita nel soggetto con una grave neurolesione, considerando l’accesso in terapia intensiva per rendere possibile la donazione. Altro punto importante è che si sta sviluppando il programma di donazione a cuore fermo, che consente la donazione dopo arresto cardiaco in terapia intensiva, a seguito della decisione, indipendente dal percorso donativo, di limitare i trattamenti di supporto vitale perché non più nell’interesse del paziente. Infine, si sta lavorando affinché i neurolesi che decedono nelle strutture private accreditate entrino in modo sistematico nella filiera dei potenziali donatori.

A distanza di 15 mesi dalla Delibera di Programma, l’aumento delle donazioni è dipeso  verosimilmente dall’attenzione che le Direzioni hanno posto al tema della donazione in quanto “attività dell’ospedale”. Le azioni più importanti riguardano l’adeguamento organizzativo dei COP e l’impegno chiesto alle Direzioni per raggiungere determinati tassi di donazione. Abbiamo quindi perso meno donatori rispetto al potenziale totale, rappresentato dai decessi ospedalieri con lesioni cerebrali. Inoltre, la riattivazione degli audit del CoRe negli ospedali, con il supporto delle ATS, ha contribuito a focalizzare e monitorare lo stato di realizzazione delle azioni di miglioramento delle criticità riscontrate.

 

Questa tendenza potrà consolidarsi?

Certamente, è questo il motivo per cui il programma di donazione comprende anche il 2023, anche se non basta. Abbiamo infatti pianificato a fine 2022 lo sviluppo 2023-2024, con la pubblicazione di un altro Decreto sulla gestione del neuroleso, al fine di coinvolgere i reparti di pronto soccorso, le neurologie e le medicine nella valutazione del neuroleso con potenzialità di donazione. Il percorso di cura del neuroleso orientato alla donazione è sempre centrato sui COP al servizio dei reparti e sul commitment delle Direzioni Sanitarie. Stiamo estendendo la formazione al personale sanitario fuori dalle rianimazioni. La necessità di consolidamento e completamento dell’assetto organizzativo dei COP è stata recentemente ribadita da DG Welfare, che nella nota di trasmissione degli obiettivi alle Direzioni ha chiesto alle Direzioni di garantire il raggiungimento del 100% dei requisiti dei COP di I e di II livello.

Le percentuali di opposizione alla donazione, anche in Lombardia, sono tuttavia stabili e ancora troppo alte. Quali interventi concreti possono essere implementati per migliorare la situazione?

In questo periodo storico, i tassi di opposizione alla donazione in Lombardia sono al 25%  rispetto al totale degli accertamenti di morte attivati. E’ un dato inferiore alla media nazionale, anche se probabilmente sottostimato, poiché non tutti i potenziali donatori vengono sottoposti ad accertamento del decesso con criteri neurologici. E’ quindi possibile che l’incremento del numero di accertamenti si accompagnerà ad un incremento delle opposizioni. Su questo fenomeno abbiamo oggi due indicatori da monitorare.

Il primo è la percentuale di opposizioni registrate in vita, di cui le rianimazioni, e a volte anche i familiari, prendono atto. Si tratta di scelte fatte nella maggioranza dei casi presso gli uffici anagrafe in occasione del rinnovo/rilascio della carta di identità. Ridurre queste percentuali richiede programmi di sensibilizzazione per i cittadini e di aggiornamento per gli operatori delle anagrafe. Sono piani di miglioramento che richiedono archi temporali di almeno 3-5 anni, con continui eventi di comunicazione nel tessuto sociale, scolastico, universitario. In Lombardia questo tema viene affrontato con le Associazioni di settore (AIDO ANED, ADMO), dove Fondazione Trapianti opera in sinergia con il CoRE per armonizzare il coinvolgimento di tutti e ciascuno. Ad esempio, partiamo a luglio con una serie di webinar dedicati agli operatori degli uffici anagrafe lombarde, nell’ottica di raggiungere tutti e 1500 i Comuni lombardi, con il supporto di ANCI, delle ATS e la regia di Fondazione Trapianti. AIDO svolgerà in questo progetto la presenza capillare sul territorio, in rapporto diretto con i Sindaci dei Comuni con ampio margine di miglioramento rispetto alla media nazionale e regionale.

Il secondo indicatore riguarda la percentuale di opposizioni espresse dai familiari aventi diritto in assenza di espressione di volontà in vita. Si tratta di scelte difficili e sofferte, espresse dai familiari nel momento del decesso. In qualche caso, l’opposizione può dipendere dalla posizione personale dei familiari o da un tentativo di interpretare la volontà del parente deceduto. In ogni caso, l’esperienza nei colloqui di donazione da parte dei sanitari gioca un ruolo importante. Per questo motivo, abbiamo sviluppato corsi di formazione dedicati ai medici e infermieri delle rianimazioni, grazie al coinvolgimento dei COP e degli psicologi dell’ASST Santi Paolo e Carlo, che utilizzano le simulazioni per migliorare la capacità dei sanitari di relazionarsi con i familiari nella comunicazione delle “cattive notizie”.

 

Nel sistema trapianti lombardo, esistono altri margini di miglioramento? Quali sono le migliori strategie di intervento?

In Lombardia abbiamo margini di miglioramento sia sul versante della donazione sia dei trapianti.

Le azioni di miglioramento sono incentrate sulla donazione da cadavere e sulla donazione da vivente di rene.

Per quanto concerne la donazione da cadavere, si lavorerà implementando il programma di donazione a cuore fermo, in modo da renderlo possibile in tutte le strutture ospedaliere dotate di terapia intensiva. Questo consentirebbe di inserire la donazione nel percorso di fine vita di molti pazienti che vanno incontro ad un arresto cardiaco atteso in Terapia Intensiva. Tale programma richiede un notevole sforzo organizzativo e tecnologico che sarà messo in atto e diventerà sistematico.

Un obiettivo dei prossimi mesi sarà quello di rendere possibile l’accertamento di morte encefalica nelle strutture private, sotto il coordinamento dei COP di Secondo Livello competenti per territorio. Questo passaggio renderà possibile la donazione anche in queste strutture, che oggi curano la patologia neurologica in tutto il percorso terapeutico. La sfida è includere la donazione in modo sistematico all’interno di questo percorso in caso di morte, in qualunque struttura sul territorio regionale.

Sarà inoltre necessario rinforzare il team del Coordinamento Regionale, per fare in modo che possa essere sempre di supporto ad una realtà in crescita costante, che pone ogni giorno nuove sfide pratiche ed organizzative. Sentiamo molto l’importanza di accompagnare “sogni e bisogni” dei medici e gli infermieri dei COP. Attualmente presso il Coordinamento Regionale Trapianti della Lombardia, regione con più di 100 ospedali di procurement, 30 COP, 8 programmi aziendali di trapianto, 5 banche dei tessuti, oltre 50 centri nefrologici, operano attualmente tre persone, Paola Salvi, Referente della Formazione e della Comunicazione e noi due, Marco Sacchi, anestesista-rianimatore esperto di processi di donazione, Responsabile del Programma Regionale di Procurement, al 50% presso AREU, e Giuseppe Piccolo, con funzioni di Direttore.

Siamo in procinto di presentare a DG Welfare un progetto globale di miglioramento, con un coinvolgimento a 360 gradi di AREU.

Per quanto riguarda la donazione da vivente di rene, in linea con le indicazioni nazionali e con la pianificazione regionale 2023, svilupperemo il Programma Regionale di Trapianto di rene da donatore vivente, insieme con le ATS, la rete delle nefrologie e le strutture di trapianto. Lo scopo è garantire in modo precoce, su tutto l’ambito regionale, il percorso da vivente agli assistiti con insufficienza renale end-stage.

Infine, DG Welfare ci ha dato mandato di coordinare l’istituzione di un Programma Regionale di Trapianto, con le strutture di trapianto centrate sulla presa in carico delle insufficienze d’organo e delle neoplasie epatiche al servizio delle strutture sanitarie distribuite sul territorio.

Abbiamo già coinvolto gli specialisti dei trapianti e le Direzioni nella ricognizione organizzativa dei singoli programmi aziendali, propedeutica appunto alla strutturazione di percorsi di rete omogenei e integrati.

Il mese scorso è nato “riVivere”, la testata di Fondazione Trapianti che si propone di comunicare al grande pubblico la donazione e il trapianto nel rispetto delle conoscenze scientifiche e con un linguaggio semplice, comprensibile, ma allo stesso tempo rigoroso. Come saluta questa iniziativa?

Credo che la rivista “riVivere” rappresenti un’ottima opportunità per favorire l’incontro tra operatori impegnati nel percorso donazione-trapianto e cittadini. Incontro incentrato sulla qualità e la correttezza della comunicazione di temi profondi e delicati, nel quale gli operatori hanno l’opportunità di raccontarsi seguendo il filo conduttore del “prendersi cura in rete”, cioè partecipare, direttamente o indirettamente, al trapianto degli assistiti in attesa. Il mio auspicio è che “riVivere” incontri il favore dei cittadini, delle Associazioni e delle Istituzioni e degli stessi operatori sanitari.

La Fondazione ha appena inaugurato anche un altro progetto, la “Stella di Fondazione Trapianti”, un riconoscimento alle strutture ospedaliere più virtuose con particolare riferimento alla gestione clinico-organizzativa del processo di identificazione dei potenziali donatori: come giudica questa iniziativa?

Sono convinto che il progetto “Stella” contribuirà al miglioramento della donazione, perché offre alle Direzioni degli ospedali la possibilità di “vedere” il tema della donazione con altri occhi: quelli dei cittadini. Mi sembra quindi un’opportunità aggiuntiva per migliorare la consapevolezza delle Direzioni su aspetti non scontati: come l’ospedale garantisce l’accesso alla donazione, come comunica all’interno e all’esterno il tema della donazione, come la Direzione supporta i sanitari impegnati nei processi di donazione. Sarebbe bello che, in prospettiva, possa essere colta come una sfida in cui si cimentano la maggior parte degli ospedali italiani, come è accaduto con il “Progetto Onda”.

Ci permettiamo una domanda personale: come ha scelto di lavorare nei trapianti? Com’è nata la sua vocazione? Lei ha collaborato a lungo con il professor Sirchia: ha qualche ricordo particolare di questa esperienza da raccontarci?

Sono arrivato al Centro Trasfusionale e di Immunologia dei Trapianti nell’ottobre 1988, subito dopo la laurea. Ero già donatore di sangue e, da giovane medico, sono entrato gradualmente in un’altra dimensione sanitaria. Unica, totalizzante, concentricamente imperniata sul senso di appartenenza (al proprio gruppo, al Policlinico, alla regione, al NITp)  e sul coinvolgimento degli operatori. Ognuno, a prescindere da ruolo e compiti, partecipava a realizzare lo sviluppo dei trapianti. Lavoravamo, insieme con Massimo Cardillo, oggi Direttore del CNT, e Tullia De Feo, oggi Direttore della S..C. Trapianti Lombardia-NITp, guidati da un “dream team” (Mario Scalamogna, Claudia Pizzi e Francesca Poli), all’insegna del “fare, far bene, far sapere”. Quello stile permea ancora il mio modo di lavorare. Ho molti ricordi di questa esperienza… meriterebbero forse un’intervista di gruppo. Cito solo un aneddoto di una ventina di anni fa. Un fornitore di reagenti di laboratorio aveva inviato per le feste natalizie un panettone di 5 kg. Parcheggiato “temporaneamente” nella camera fredda del Pad. Marangoni a -20 gradi. 5 anni dopo, fatto l’inventario della camera fredda, ricomparve il panettone. “Lo buttiamo che è certamente scaduto ?”, chiese il capotecnico al dottor Scalamogna. “Non scherzare…scongeliamo e assaggiamo”. Era ancora fragrante. Buono per una trentina di convenuti alla riunione dei gruppi di lavoro” .

Un esempio, simpatico, ma per me significativo, di come, nelle piccole e grandi scelte quotidiane, prevaleva sempre l’attenzione al buon uso e alla condivisione delle risorse disponibili, il ricorso alla conoscenza scientifica (il freddo conserva) e il non dare per scontata l’applicazione delle regole (la data di scadenza si riferiva al panettone conservato a temperatura ambiente!).

 

Leggi anche Intervista a Massimo Cardillo, Direttore del Centro Nazionale Trapianti

 

 

 

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