Sport e cultura della donazione: un’accoppiata vincente
di Alessio Franchina*
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, riferendosi allo sport, spiega come la sua mancanza nelle abitudini di vita delle persone rappresenti il quarto fattore di rischio per la mortalità in tutto il mondo. Al contrario, un’attività fisica costante produce effetti benefici per la salute dei nostri organi, aiutando anche a prevenire alcune patologie che portano al trapianto. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, il movimento, praticato regolarmente, contribuisce a mantenere e migliorare il benessere psicofisico, a ridurre i sintomi di ansia, stress e depressione, migliora il sonno, aiuta la riduzione della pressione arteriosa e il controllo del livello di glicemia e di colesterolo nel sangue. Ha un ruolo importante, inoltre, nel prevenire le malattie metaboliche, cardiovascolari, neoplastiche e l’artrosi e produce benefici evidenti anche per l’apparato muscolo-scheletrico. Contribuisce, infine, a gestire le principali patologie croniche non trasmissibili e quindi a migliorare la qualità della vita.
Numerosi studi scientifici hanno, inoltre, evidenziato che un programma personalizzato di esercizio fisico possa aiutare i pazienti trapiantati a prevenire e a curare alcune patologie croniche che intervengono nel post trapianto, con evidenze soprattutto sul piano delle patologie metaboliche, cardiovascolari e osteoarticolari causate dalla terapia farmacologica.
Ma la connessione tra il mondo sportivo e quello dei trapianti si gioca anche su un altro campo, quello sociale.
I dati delle liste d’attesa per il trapianto, anno dopo anno, continuano ad essere drammatici: tra le 8 mila e le 10 mila persone ogni anno aspettano che qualcuno scelga di donare. E spesso questa attesa non può essere soddisfatta in tempo.
Tra le diverse ragioni che allontanano le persone dalla donazione ci sono purtroppo le abitudini di vita che fanno perdere tante possibilità di donazione. Un pensiero preoccupato e preoccupante dovrebbe essere rivolto, in particolare, a quella parte dei giovani che si isolano dal mondo, che chiudono la porta della loro camera e vi si rifugiano come se fosse l’unico posto sicuro della città.
Questi ragazzi lanciano una silenziosa eppur potente richiesta di aiuto. E uno degli strumenti più efficaci per aiutarli ad uscire dal loro isolamento è proprio l’attività sportiva con i compagni.
Un’attività che sia innanzi tutto gioco e incontro con l’altro, che sia creazione di legami di amicizia, che sia ossigeno per il cuore, non solo in termini fisiologici ma in termini psicologici.
Lo sport ha il potere di unire le persone come poche altre cose al mondo e può essere, in questo senso, uno dei più grandi alleati della promozione della cultura del dono.
*Responsabile Comunicazione Nazionale Centro Sportivo Italiano
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