CRIOCONSERVAZIONE DEGLI ORGANI: DAGLI USA UN PASSO AVANTI NELLA RICERCA
Un gruppo di ricercatori dell’Università del Minnesota (Minneapolis, USA) sono riusciti a conservare per 100 giorni e a trapiantare con successo i reni di un ratto. La tecniche innovative della vetrificazione e del “nanowarming” avvicinano il sogno della crioconservazione degli organi umani a scopo di trapianto. Nel breve termine, le moderne tecniche di perfusione, frutto di un incessante lavoro di ricerca, consentono notevoli vantaggi funzionali e temporali nella medicina dei trapianti. Il richiamo del direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT) Massimo Cardillo è sul tema della donazione, che resta il fattore determinante del trapianto. L’approfondimento scientifico di Sergio Vesconi ci guida a comprendere al meglio queste tematiche.
Approfondimento scientifico di Sergio Vesconi
con l’introduzione di Francesca Boldreghini
Crioconservare gli organi umani in apposite banche, per trapiantarli in un momento successivo al prelievo, potrebbe trasformare il trapianto di organi in una procedura pianificata e indipendente dagli attuali vincoli di spazio e di tempo. È quanto è riuscito a fare un gruppo di ricercatori dell’Università del Minnesota, Minneapolis (USA), che nel maggio scorso ha pubblicato su Nature uno studio effettuato su un modello di ratto, conservandone i reni vetrificati fino a 100 giorni e recuperandoli con successo con la tecnica del nanoriscaldamento per consentire il trapianto e ripristinare la funzione renale del roditore. Secondo gli scienziati, i precedenti tentativi di crioconservazione degli organi sono falliti principalmente a causa della formazione di ghiaccio, ma un’alternativa promettente si è rivelata la vetrificazione, come si definisce il rapido raffreddamento degli organi in uno stato stabile, privo di ghiaccio e simile al vetro, con successivo riscaldamento per mezzo di una tecnica, denominata “nanowarming”, che riesce ad evitare la “rottura da stress termico” grazie all’impiego di campi magnetici alternati per riscaldare, in modo rapido e uniforme, le nanoparticelle all’interno della vascolarizzazione dell’organo, prima di essere rimosse tramite perfusione.
Si tratta di un passo importante sulla strada della ricerca, che, una volta reso applicabile sugli organi umani, potrà contribuire a risolvere il principale problema della medicina dei trapianti: la discrepanza da domanda e offerta di organi, con circa 9.000 persone in lista d’attesa a fronte di meno di 4.000 trapianti effettuati ogni anno.
Secondo Massimo Cardillo, direttore del Centro Nazionale Trapianti, “la crioconservazione degli organi umani è una frontiera futuribile. Già si fa con i tessuti, alcuni dei quali vengono crioconservati con ottimi risultati. Con i mezzi che abbiamo oggi, non è possibile fare lo stesso con gli organi, ma questo studio dimostra la grande attenzione dei ricercatori di tutto il mondo per trovare nuove tecniche efficaci di conservazione a lungo termine”.
Come spiegato dal direttore, nell’attesa che la ricerca vada avanti, nel breve termine ci si concentra sulle moderne tecniche di perfusione, delle “pompe” che spingono delle soluzioni, o anche il sangue del donatore, in un circuito chiuso, permettendo all’organo di continuare a funzionare in parafisiologia, a 37 gradi, mimando la funzionalità in un corpo umano. Il vantaggio è duplice, prima di tutto temporale, prolungando la vita dell’organo tra le 12 e le 24 ore, e poi funzionale, potendo verificare la “qualità” dell’organo prima del trapianto e consentendo di utilizzare anche organi che prima si scartavano a priori, come ad esempio quelli di persone molto anziane o di donatori di cui è accertata la morte per prolungato arresto cardiaco, con possibile danno ischemico prolungato.
“La creazione di una banca degli organi sarebbe una vera svolta nella medicina dei trapianti, anche se a far la differenza continuerà a essere il consenso alla donazione. I numeri sono positivi e in crescita dopo la pandemia, ma le percentuali di opposizione sono ancora troppo alte e non esiste ancora sufficiente consapevolezza in merito al tema della donazione da vivente”, ha concluso Cardillo.
I commenti del direttore del CNT, dottor Massimo Cardillo, affrontano in maniera esauriente i diversi punti sollevati da questa importante ricerca.
Ci pare tuttavia utile richiamare l’attenzione su alcuni passaggi a nostro parere molto significativi.
In primo luogo, il richiamo al tema della donazione, che resta pur sempre il fattore determinante per l’attivazione del complesso meccanismo che porta finalmente al trapianto.
“Sin donante non hay trasplante”, affermano i colleghi spagnoli: è un enunciato apparentemente banale, ma di fondamentale importanza.
La ricerca biomedica nel settore della preservazione degli organi è in continuo sviluppo e offre soluzioni innovative e con grandi potenzialità, come quella citata. Anche l’industria ha colto la rilevanza di questo settore, tanto che per il prossimo decennio si prevede un grande incremento del fatturato globale del mercato, dell’ordine del 5-8% annuo, a partire dagli attuali valori (2022) di oltre un miliardo di dollari.
E’ tuttavia evidente che tutto questo può contribuire a migliorare, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, l’utilizzo degli organi prelevati, ma resta irrisolto il tema della disponibilità degli organi rispetto alle necessità cliniche.
A tale fine, sarebbe auspicabile poter osservare un simile impegno delle organizzazioni sanitarie finalizzato al potenziamento dell’attività di donazione. Gli ultimi dati relativi all’Italia sono senza dubbio incoraggianti, ma dimostrano che la strada verso l’autosufficienza, uno degli obiettivi indicati dall’Unione Europea in campo sanitario, è ancora lunga.
Sempre sul tema della donazione, un altro punto richiamato dal dottor Cardillo è quello della donazione da vivente, che nel nostro Paese non trova ancora un’adeguata risposta. Nel 2022 sono stati effettuati 369 trapianti da vivente, in gran parte di rene (335), ma il dato rapportato alla popolazione, di 6,2 interventi per milione di abitanti, appare nettamente inferiore a quello osservato in altri paesi e, come spesso accade, con grandi differenze nelle diverse regioni.
Viene ribadita la necessità di far crescere anche questo tipo di trapianto, caratterizzato da ottimi risultati sul piano clinico, soprattutto attraverso la formazione e il coinvolgimento dei sanitari che hanno in cura questi pazienti.
Un altro punto affrontato da Cardillo riguarda l’alternativa attuale alla crioconservazione, quella detta “preservazione dinamica”, che si avvale di specifiche apparecchiature genericamente definite come “sistemi di perfusione” o “machine perfusion”, che si utilizzano sugli organi una volta prelevati (e per questo definiti anche “ex situ”).
Sono attualmente disponibili sistemi di perfusione per il rene, il fegato, il pancreas, i polmoni, il cuore.
Negli ultimi anni l’impiego di queste metodiche è cresciuto in maniera esponenziale, trovando sempre nuove applicazioni, tanto che il principio della “preservazione” (conservare l’organo dal momento del prelievo fino a quello dell’impianto, senza ulteriori danni) si è nel tempo evoluto in quello di “ricondizionamento” (definibile come il ripristino dello stato funzionale o delle condizioni prossime a quelle originali) e ancora più recentemente in quello di “riparazione”, con la possibilità di correggere danni funzionali o anatomici degli organi prelevati e renderli quindi idonei per il trapianto o addirittura recuperare organi che sarebbero stati altrimenti da scartare.
La perfusione ex situ consente di prolungare in maniera considerevole l’intervallo che passa tra il prelievo e l’innesto: recentemente è stato trapiantato con successo un fegato mantenuto in perfusione artificiale per tre giorni. Le implicazioni di questo approccio, in termini di sicurezza e razionalizzazione organizzativa, sono del tutto evidenti.
Ma forse l’aspetto più promettente di questa tecnica è la possibilità di intervenire con specifici trattamenti in grado di influire positivamente sulla riuscita del trapianto, agendo sulla modulazione della immunogenicità di ogni singolo organo, con l’obiettivo di ridurre al minimo la terapia immunosoppressiva o addirittura aprire la strada verso il Sacro Graal della trapiantologia, l’induzione della piena tolleranza e quindi l’eliminazione della terapia antirigetto, come ci ricordava il professor Remuzzi nella sua intervista pubblicata nello scorso numero di riVivere (Leggi l’intervista)
I sistemi di perfusione offrono una piattaforma ideale per applicare strategie di immunomodulazione già sperimentate in modelli in vitro o in studi preclinici.
Occorre ricordare che la reazione infiammatoria che accompagna il danno tissutale da ischemia-riperfusione amplifica l’insulto immunologico responsabile del rigetto e del fallimento del graft.
Attualmente i ricercatori seguono tre principali vie per conseguire questo obiettivo: la più promettente sembra quella legata all’applicazione delle cellule staminali mesenchimali, che hanno la capacità di sopprimere l’immunogenicità tissutale e favorire la riparazione dei tessuti danneggiati. Altri approcci prevedono la somministrazione di farmaci e sostanze ad azione anti-infiammatoria o immunomodulanti o, ancora, la trasduzione genica attraverso la somministrazione di vettori adenovirali, in grado di determinare una ridotta risposta immunitaria e una minor attivazione delle citochine proinfiammatorie.
Nel prossimo futuro si potranno avere centri specializzati per la preservazione a lungo termine degli organi prelevati impiegando una delle possibili metodiche attualmente allo studio, come l’“Organ Repair Center” della Ohio State University, attivo da qualche anno, o l’Institute of Engineering in Medicine dell’Università del Minnesota, specializzata nelle tecniche di crioconservazione, con l’auspicio che questi interventi possano effettivamente fornire un concreto, ulteriore contributo allo sviluppo della medicina dei trapianti.
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Approfondimenti:
Han Z. et a. Vitrification and nanowarming enable long-term organ cryopreservation and life-sustaining kidney transplantation in a rat model. Nature Communications, 14:2023 https://doi.org/10.1038/s41467-023-38824-8
Organ reconditioning and machine perfusion in transplantation. Transplant International-special issue-gennaio 2023 https://doi.org/10.3389/ti.2023.11100
Resch T. et al. Transplanting Marginal Organs in the Era of Modern Machine Perfusion
and Advanced Organ Monitoring. Front. Immunol.,11:2020 https://doi.org/10.3389/fimmu.2020.00631
Clavien P.A et al: Transplantation of a human liver following 3 days of ex situ normothermic preservation. Nat. Biotechnol. 40:2022 doi: 10.1038/s41587-022-01354-7.
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