SOSTENERE L’ATTIVITÀ SPORTIVA CONTRO LA DIFFUSIONE DEL DIABETE

Il diabete è una malattia in forte crescita, candidata a diventare in breve fra le più gravi situazioni di patologia per la popolazione di tutto il mondo e non da meno in Italia. I dati sono allarmanti: si parla di quasi il 10% della popolazione mondiale.

Il Parlamento ha deciso di intervenire sul problema per cercare di dargli un argine. Oggetto di particolare attenzione della normativa è “il diabete in età evolutiva”. Un ruolo essenziale nella lotta a questa patologia è giocato dall’attività fisica, per questo motivo è auspicabile un impegno delle istituzioni a favorire la pratica sportiva popolare. Soprattutto dei giovani.

di Alessio Franchina*

È stato depositato il 26 luglio scorso il Ddl della senatrice Daniela Sbrollini, Vicepresidente della X Commissione Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato, Presidente dell’Intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili.  

Tra i punti centrali del disegno di legge troviamo: il rafforzamento delle reti assistenziali sociosanitarie, l’accesso alle tecnologie diagnostiche e terapeutiche e la facilitazione nel passaggio dei ragazzi dai servizi pediatrici a quelli dell’adulto.

Tra le diverse strategie proposte in questo Disegno di legge ci concentriamo su due aspetti che possono contrastare l’insorgenza del diabete e, in caso di malattia, di rallentarne fortemente la progressione: la perdita di peso e l’attività fisica.  

Parliamo di milioni di persone e soprattutto vogliamo sottolineare che, secondo i dati Istat, negli ultimi 30 anni la diffusione del diabete è quasi raddoppiata, passando da circa il 3% della popolazione nel 1990 a circa il 6% nel 2020. Da sottolineare che la riflessione, se lo sguardo si apre a livello mondiale, diventa ancora più preoccupante visto che, secondo quanto riferito dalla International Diabete Federation (IDF) nel 2021 quasi il 10% della popolazione adulta mondiale è diabetica (536,6 milioni di persone) e 1,2 milioni di bambini e adolescenti (età <19 anni) hanno il diabete di tipo I. In Italia, il diabete interessa una percentuale di popolazione minore (il 5,6% nella rilevazione ISTAT e il 4,7% nei dati della sorveglianza di popolazione 18-69 anni). Entrambi i sistemi di indagine rilevano prevalenze più alte tra le regioni del Sud rispetto a quelle del Centro e del Nord Italia.

Il diabete perciò è candidato già da tempo a essere la peggiore emergenza sanitaria nel prossimo futuro, ma stando alle nuove stime la valanga sarà ancora più travolgente del previsto. A fine giugno su The Lancet è stato pubblicato l’ultimo rapporto dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington sulla diffusione attuale e futura del diabete e i numeri sono spaventosi: oggi mezzo miliardo di persone nel mondo non riescono a tenere sotto controllo il glucosio nel sangue, entro i prossimi 30 anni la cifra sfiorerà il miliardo e trecento milioni con incrementi a doppia cifra specialmente nei Paesi di Nordafrica, Medio Oriente e America Latina e nelle nazioni a basso reddito. Un carico che nessun Sistema Sanitario sarà in grado di affrontare.

Se ci limitassimo al ricorso ai farmaci la situazione rimarrebbe comunque drammatica. Secondo il Rapporto OsMed 2020 dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), nel periodo 2014-2020 il consumo di farmaci per il diabete si è mantenuto pressoché costante, passando da 61,8 a 64,6 DDD (dosi definite die) ogni mille abitanti/die, con una variazione media annuale di circa l’1%. Le Regioni del Sud hanno un consumo del 33% superiore a quello del Nord (76,7 vs 57,6 DDD) e del +19% rispetto alla media nazionale (64,6 DDD).

Solo il 4 per cento sarà diabete di tipo 1, una malattia immunomediata che compare in genere in età giovanile; tutti gli altri saranno persone con diabete di tipo 2, che un tempo era considerato una malattia “dell’anziano” ma oggi si sviluppa sempre prima per fattori come sovrappeso e obesità, sedentarietà, dieta scorretta. Mangiare meglio e muoversi di più è la soluzione? Sicuramente sì e questa è la raccomandazione che tutte le istituzioni sanitarie e politiche stanno facendo.

La prevenzione del diabete può iniziare dall’avere la consapevolezza del proprio livello di glucosio nel sangue misurandolo una volta l’anno. Senza, è difficile sapere se si è in pre-diabete, condizione che secondo i dati presentati all’ultimo congresso della Società Italiana di Diabetologia (Sid) riguarda almeno 4,5 milioni di italiani (altre stime parlano di 1 adulto su 3) e che nell’11% dei casi porta al diabete nell’arco di 3 anni, nel 25% entro 5.

Il Piano Nazionale della Prevenzione (Pnp) 2020-2025 ribadisce la necessità di supportare l’attività fisica attraverso un’ampia collaborazione intersettoriale, in modo che azioni adottate nell’ambito di settori differenti si muovano insieme per raggiungere lo stesso obiettivo di salute.

Ad oggi in Italia l’attività sportiva organizzata è gestita attraverso organismi sportivi riconosciuti dal CONI (il Comitato Olimpico Nazionale Italiano) e dal CIP (il Comitato Italiano Paralimpico) e che sono raggruppati in Federazioni Sportive Nazionali e Discipline Sportive Associate. Un ruolo importante, anzi fondamentale, viene svolto però dai 14 Enti di Promozione sportiva (EPS), tra i quali vanno ricordati il Centro Sportivo Italiano (CSI) con circa 13 mila società sportive impegnate su tutto il territorio nazionale e oltre un milione 300 mila tesserati e l’Unione Italiana Sport per Tutti (UISP) che presenta cifre molto simili. Oltre a questi ricordiamo anche ACSI, AICS, ASC, ASI, CNS LIBERTAS, CSAIN, CSEN, ENDAS, MSP, OPES, PGS e US ACLI, che insieme contano 7,6 milioni di praticanti sui 13 milioni e 113 mila sportivi tesserati del nostro Paese secondo i dati dell’ultimo rapporto “I numeri dello sport” del CONI.

In conclusione: le potenzialità per fare una forte campagna a favore dell’attività sportiva per contrastare la diffusione del diabete ci sono. Ora, alla luce del DDL presentato dalla senatrice Sbrollini, è importante che il legislatore dia le regole che favoriscano la pratica sportiva popolare, con particolare attenzione ai giovani e ai giovanissimi.

*  Responsabile Comunicazione Nazionale Centro Sportivo Italiano

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