ANONIMATO: NECESSITÀ DI UN PERCORSO CONTROLLATO E SECONDO PROCEDURE CODIFICATE
Una donna palermitana perde il marito in un incidente e autorizza la donazione degli organi. Dopo dieci anni riceve due e-mail: “Io sono Luigi e 10 anni fa tuo marito mi salvò la vita”, “Grazie a lui nostro papà è vivo”. E’ la storia di Marina Fontana e Roberto Cona, raccontata dall’Adnkronos, ripresa da La Repubblica del 3 agosto 2023, un amore diviso da un incidente, che continua a vivere da quel giorno di dolore, da quando la donna decise di donare gli organi del marito con un gesto che ha salvato almeno sei persone. L’approfondimento scientifico di Sergio Vesconi si sofferma sul vincolo dell’anonimato per quanto riguarda i dati del donatore e del ricevente, regolato dalla Legge 91/1999 all’art. 18, oggetto di una proposta di legge del 2019, nonché delle riflessioni del Comitato Nazionale per la Bioetica, di AIDO e del Centro Nazionale Trapianti. In sintesi, si può dire che la possibilità di incontro tra donatore e ricevente non deve essere esclusa a priori, ma può avere luogo all’interno di un contesto controllato e secondo procedure codificate, per garantire i diritti di tutte le parti.
Approfondimento scientifico di Sergio Vesconi
Due e-mail inaspettate sono una luce in una giornata come tante, col ricordo di Roberto sempre vivo in sua moglie Marina, che aveva dato il consenso alla donazione di organi del congiunto.
Il mittente è uno sconosciuto: “Domani sono 10 anni che sono stato trapiantato di fegato all’ospedale Cisanello di Pisa. Tuo marito sarà sempre il mio angelo. Io in tutti questi anni ho sempre fatto fare una messa per Roberto, ma ho avuto il coraggio di scriverti solo adesso. Grazie infinite”. La donna inizia una ricerca, contatta la persona che le ha scritto. Ed è proprio uno dei pazienti ad avere ricevuto uno degli organi del marito. Senza quel trapianto, Luigi sarebbe morto pochi giorni dopo. “Mia figlia mi ha aiutato perché non riuscivo a scrivere per l’emozione che ho provato. Grazie alla sua generosità sono tornato in vita. Grazie a te e tutta la famiglia di Roberto, con un grande grande grande abbraccio”.
All’indomani anche la figlia di Luigi scrive a Marina: “Suo marito sarà sempre l’angelo della nostra famiglia. Grazie al suo gesto io e i miei due fratelli abbiamo ancora un padre. Pochi giorni prima del trapianto di papà ormai eravamo certi che se non fosse avvenuto un miracolo, nostro padre sarebbe morto, oltre alle condizioni fisiche ormai gravissime, la sua condizione aveva anche intaccato il cervello e già da un po’ non ci riconosceva più. Grazie a suo marito, grazie a lei che lo ha permesso, abbiamo ancora un papà”.
Marina si commuove: “Ho sofferto tanto ma oggi sono serena. Ho dovuto fare un percorso di elaborazione del dolore e di guarigione dai postumi dell’incidente non facile. Una roccia non si diventa mai, ma con l’amore di chi ti ama davvero, la mia meravigliosa famiglia, ci puoi provare e anche riuscire. Oggi spero che anche gli altri trapiantati stiano bene. Io penso che la vita mi abbia voluto dare un segno, proprio nel giorno del decimo anniversario della morte del mio Roberto, ho sempre sperato di conoscerli. Donare è un gesto d’amore unico, quello di un amore universale e gratuito”.
Abbiamo riportato quasi per intero il racconto di questa storia, veramente emozionante, per sottolineare soprattutto il passaggio finale, un forte richiamo ai principi di generosità e solidarietà che stanno alla base della scelta di donare e un importante messaggio positivo all’intera comunità per far crescere la cultura della donazione.
Al tempo stesso, riteniamo utile soffermarci su un aspetto che fa da sfondo in questa vicenda, quello relativo al vincolo dell’anonimato per quanto riguarda i dati del donatore e dei riceventi, un punto che il legislatore ha introdotto nella legge 1 aprile 1999, all’articolo 18: “Il personale sanitario e amministrativo impegnato nelle attività di prelievo e di trapianto è tenuto a garantire l’anonimato dei dati relativi al donatore ed al ricevente”, a tutela del diritto alla riservatezza dei soggetti deboli coinvolti nel processo, appunto i riceventi e i famigliari dei donatori deceduti.
Da tempo, la validità di questo vincolo viene messa in discussione e molte sono le iniziative intraprese per modificare la norma e rendere possibile l’incontro delle parti. Tra queste ricordiamo l’attività di Reginald Green, il padre del piccolo Nicholas che nel 1994, a sette anni, divenne un donatore multiorgano a causa di un drammatico incidente, una storia che a suo tempo commosse l’opinione pubblica e che rappresentò allora un importante stimolo alla crescita della sensibilità della popolazione verso il tema della donazione, tanto che si parla ancora dell’effetto Nicholas.
Nel 2019 è stata presentata una proposta di legge, rimasta per ora sulla carta, finalizzata a superare il vincolo dell’anonimato e definire i possibili percorsi per raggiungere questo scopo, una volta trascorso un congruo lasso di tempo. L’intento è quello di venire incontro all’esigenza manifestata, da una parte, da alcuni familiari di donatori di conoscere le persone che hanno ricevuto gli organi dei loro cari e, dall’altra, da alcuni riceventi desiderosi di conoscere i parenti dei donatori ed esprimere loro direttamente la loro riconoscenza. In ogni caso, vengono sempre ribaditi i principi dei valori di gratuità e di solidarietà alla base del gesto della donazione.
Su questo tema si è pronunciato anche il Comitato Nazionale per la Bioetica, attraverso un documento del 2018, di cui riportiamo il riassunto:
- l’attuale procedura che privilegia l’anonimato è ancora preferibile ed è comunque un requisito indispensabile nella fase iniziale della donazione degli organi e in quella successiva se manca l’accordo fra le parti ad avere contatti,
- non è tuttavia contraria ai principi etici la possibilità che donatori e riceventi diano un consenso libero ed informato dopo il trapianto per avere contatti ed incontri, mediati da centri sanitari o da terzi indicati legislativamente;
- deve essere raccomandato il silenzio stampa per evitare strumentalizzazioni mediatiche;
- nella fase iniziale della donazione si ritiene indispensabile il principio dell’anonimato, per conservare i requisiti di equità e per evitare possibili compravendite;
- in una fase successiva, dopo un lasso di tempo ragionevole dal trapianto, non sembra contrario ai principi etici che l’anonimato possa essere rimesso nella libera e consapevole disponibilità delle parti interessate per avere contatti e incontri;
- la conoscenza dell’identità dei donatori non può essere una pretesa, ma solo una possibilità eticamente giustificata e a determinate condizioni.
- la gestione del rapporto fra donatori e riceventi dovrà comunque essere gestita da una struttura terza.
Lo stesso CNB prosegue delineando una possibile soluzione intermedia, con un percorso per la soluzione di questo problema:
- l’eventuale rapporto tra donatori e riceventi può essere attuato attraverso l’intervento di una struttura terza nell’ambito del sistema sanitario, con gli strumenti che si riterranno più idonei, di modo che sia assicurato il rispetto dei principi cardine dei trapianti (privacy, gratuità, giustizia, solidarietà, beneficenza);
- allo scopo, si propone l’istituzione di una Commissione di Garanzia presso il Centro Nazionale Trapianti, composta nei termini e con le modalità previste da un decreto del Ministro della Salute, che governi il regolare svolgimento della procedura;
- compito della Commissione è anche quello di monitorare e prevenire comportamenti che possono violare la serenità del donatore, del ricevente o delle loro famiglie;
- la Commissione può anche negare l’incontro tra donatore e ricevente di organi se ritiene che vi siano rischi concreti per l’incolumità psicofisica di una o di entrambe le parti.
In sintesi, si può dire che la possibilità di incontro tra le parti non deve essere esclusa a priori, ma può avere luogo all’interno di un contesto controllato e secondo procedure codificate, per garantire i diritti di tutte le parti.
È bene ricordare che questa posizione è largamente condivisa nell’ambito dei professionisti della rete nazionale trapiantologica, come risulta anche dall’intervista rilasciata dal direttore del CNT, Massimo Cardillo, al Corriere della Sera nel giugno del 2020.
Un’analoga valutazione è stata espressa anche da AIDO, che ha dedicato all’argomento un’esauriente disamina nel supplemento al suo periodico Arcobaleno (numero 1 del 2021) e, ancora più di recente, dal gruppo di lavoro del CNT incaricato di formulare proprie proposte al tavolo avviato presso il Ministero della salute in vista della revisione e aggiornamento della legge 91 del 1999.
A proposito dell’anonimato, si ribadisce che “fermo restando il mantenimento dell’anonimato nella fase antecedente alla donazione e fatto salvo il principio della donazione quale atto volontario, gratuito e solidale, è possibile derogare a quanto stabilito dal comma 2 del citato articolo ‐ con possibilità di incontro tra le parti del processo di donazione e trapianto – esclusivamente nella fase successiva al trapianto, decorso un anno dalla donazione, qualora vi sia il consenso espresso, libero, informato e indipendente di entrambe le parti interessate”.
La proposta normativa individua nei Coordinamenti regionali per i trapianti (CRT) la struttura terza quale soggetto responsabile della mediazione tra le parti, con la definizione di specifici percorsi atti a rendere possibile il superamento dell’anonimato e l’incontro delle parti, sempre con un’attenzione speciale nei confronti dei soggetti fragili.
Conclude, infine, con il richiamo alla necessità di “previsione di misure/sanzioni atte a prevenire i tentativi di rintracciare donatori e riceventi fuori dal percorso stabilito, anche attraverso la rete.A tal proposito, anche il CNB sottolinea come già oggi il mantenimento dell’anonimato sia messo in difficoltà dai canali di informazione e dai social network che, facilitando, la circolazione delle informazioni, aumentano le possibilità di incontro tra donatori, famiglie dei donatori e riceventi, incontri che, se non adeguatamente gestiti, possono determinare conseguenze indesiderate per una o entrambe le parti del processo. In nessun caso, infatti, le parti devono essere lasciate sole in questo percorso, che resta delicato, anche quando entrambe esprimono chiaramente la volontà di rimuovere l’anonimato.
A questo proposito può essere utile richiamare alcune delle espressioni riportate nell’articolo citato in apertura, dove compaiono termini quali “lettera inaspettata, sconosciuto, stravolgono, ricerca, elaborazione del dolore”. La vicenda si è conclusa nel migliore dei modi e questo è sicuramente un aspetto positivo. Tuttavia l’esito non era di certo scontato e in ogni caso la strada seguita non è quella idonea a tutelare i diritti delle persone coinvolte, come viene espressamente richiamato anche dal CNB.
È bene ricordare che esiste già ora la possibilità di incontro delle parti, grazie all’iniziativa autonoma di alcuni CRT che, agendo di propria iniziativa, si muovono sulla falsariga del percorso delineato in questi documenti.
È, invece, necessario che queste modalità siano codificate e condivise all’interno della rete trapiantologica e soprattutto che siano rese note alle parti interessate, che devono sapere a chi rivolgersi per manifestare questa loro esigenza e quali sono i successivi passaggi.
Un’ultima considerazione riguarda il punto, sollevato anche dal CNB, del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa e dei social network, che sempre più spesso sono coinvolti nella diffusione di notizie relative al trapianto. Da un lato è evidente la necessità di avere “una buona stampa”, che riporti una lettura positiva degli avvenimenti, ricordando che dietro al trapianto (spesso descritto in termini anche troppo enfatici) c’è sempre la donazione, e quindi il donatore e i suoi famigliari. Dall’altro lato, non di rado si osserva una inutile ricerca di dettagli e di particolari riferiti alle persone coinvolte, elementi che non aggiungono nulla al valore della notizia e rischiano solo di violare il doveroso rispetto della riservatezza e di alimentare il desiderio della ricerca.
Purtroppo, talora anche i responsabili dell’ufficio stampa di alcune strutture sanitarie cadono in questo errore, con i loro comunicati intempestivi e ricchi di dettagli.
A conferma di ciò, riporto queste due notizie uscite in sequenza su un quotidiano nazionale, la prima sulla morte di un piccolo paziente per gravissimo shock anafilattico in seguito alla puntura di un calabrone e il consenso alla donazione dei genitori (stranieri), la seconda, che riportiamo testualmente, relativa a tutti i trapianti che sono stati resi possibile da questo gesto.
“L’operazione coordinata dal Centro regionale trapianti della Regione Piemonte e dagli specialisti delle Molinette. Il cuore trapiantato su un bambino bolognese, i polmoni in Veneto, il fegato e i due reni ai pazienti torinesi.
25 AGOSTO 2023
Ha salvato cinque vite Emil, il bambino tedesco di nove anni ucciso dalla puntura di un calabrone martedì sera nel giardino dell’agriturismo in via Montale Celli, a Costa Vescovato, il paesino di 300 abitanti a 30 chilometri da Alessandria, in Piemonte.
Emil si è spento mercoledì mattina all’ospedale di Alessandria e i suoi genitori hanno dato l’assenso all’espianto degli organi, che sono stati prelevati all’ospedale di Alessandria e trasportati alle Molinette, dove sono stati eseguiti i trapianti sui pazienti in lista d’attesa. Ma anche nei centri specializzati a Padova e Bologna.
I reni sono stati impiantati a Torino su un uomo e una donna. L’ intervento è stato eseguito con successo dall’équipe della Chirurgia vascolare ospedaliera del dottor Aldo Verri, della Clinica Urologica universitaria del professor Paolo Gontero e dell’Anestesia Rianimazione 2 del dottor Roberto Balagna.
Il fegato, che aveva un danno ischemico, è stato trapiantato sempre alla Molinette su un paziente piemontese adulto di piccola taglia, affetto da cirrosi ed ormai cronicamente ricoverato alle Molinette di Torino per uno stato di encefalopatia epatica cronica invalidante.
L’intervento è durato più di 12 ore, il professor Renato Romagnoli e la sua équipe sono riusciti nell’impianto del fegato donato, utilizzando una tecnica alternativa di ‘jump graft’ (salto vascolare) sulla vena mesenterica superiore oltre che una ricostruzione dell’arteria epatica.
Il cuore è stato prelevato e trapiantato ad un bambino all’ospedale di Bologna, ed entrambi i polmoni ad un bambino presso l’ospedale di Padova.
La complessa gestione anche organizzativa di questi trapianti, e la loro valutazione immunologica, è stata effettuata dall’Immunogenetica delle Molinette, dove ha sede anche il Centro regionale trapianti della Regione Piemonte”.
Da sempre sappiamo che una notizia deve catturare l’attenzione del pubblico: tuttavia nel caso specifico, a mio parere, tutti i dettagli qui riportati se da un lato non aggiungono nulla alla rilevanza del fatto, che avrebbe comunque mantenuto integro il suo valore anche con una narrazione più sobria, dall’altro offrono elementi che possono ledere il diritto alla riservatezza dei pazienti. In questo senso, sarebbe auspicabile un maggior senso di responsabilità delle strutture di comunicazione degli organismi coinvolti.
Comitato Nazionale per la Bioetica: Parere in merito alla conservazione dell’anonimato del donatore e del ricevente nel trapianto di organi. 27 settembre 2018 (https://bioetica.governo.it/media/3602/p133_2018_-conservazione-anonimato-trapianto-organi_abs_it.pdf)
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