LA TUTELA DELLA COPPIA DONATORE-RICEVENTE NELLA DONAZIONE DA VIVENTE

Il trapianto da donatore vivente è una valida opzione terapeutica. La legge e le linee guida in materia pongono particolare attenzione a tutelare la figura del donatore, il cui atto di donazione va protetto. Nella pratica clinica, i colloqui psicologici sono finalizzati a sostenere sia il donatore che il ricevente in tutte le fasi del percorso.

di Francesca Ferri*

Tanto la letteratura internazionale quanto l’esperienza clinica segnalano che il trapianto di rene da donatore vivente rappresenta un’opzione terapeutica valida. Va, tuttavia, sottolineato che tale tipo di trapianto rappresenta un’opzione aggiuntiva e non sostitutiva  al trapianto di rene da donatore deceduto. La legge n. 458 del 26 giugno del 1967 è, infatti, particolarmente attenta nel sottolineare il rispetto di alcune condizioni di tutela in particolare per il donatore, il cui atto va assolutamente protetto. La donazione da vivente deve essere, quindi, libera, spontanea, gratuita, revocabile in qualsiasi momento del percorso e proporzionata sia ai benefici attesi, sia alla qualità di vita del donatore. Il parere vincolante rispetto alla fattibilità di questo trapianto rimane, quindi, quello clinico, indipendentemente dalla volontà del ricevente o del donatore.

Le linee guida sul trapianto da donatore vivente approvate dalla conferenza stato-regioni il 31 gennaio 2002 specificano che: «il prelievo di un rene da un donatore vivente, viene effettuato su esplicita, motivata, libera richiesta del donatore e del ricevente, dopo una corretta e completa informazione dei potenziali rischi per il donatore, per il beneficio terapeutico del paziente» e che: «sul donatore viene effettuato anche un accertamento che verifichi le motivazioni della donazione, la conoscenza di potenziali fattori di rischio e delle reali possibilità del trapianto in termini di sopravvivenza dell’organo e del paziente, l’esistenza di un legame affettivo con il ricevente (in assenza di consanguineità o di legame di legge) e la reale disponibilità di un consenso libero ed informato». 

Nella pratica clinica, non solo il potenziale donatore, ma le coppie che intraprendono il percorso per verificare l’idoneità per effettuare tale trapianto, effettuano colloqui psicologici atti a valutare la natura della relazione tra donatore  e ricevente, la qualità e la comprensione delle informazioni ricevute rispetto a rischi e benefici e che l’atto della donazione sia libero da qualsiasi tipo di coercizione, obbligo e, ovviamente, da scambi economici. Oltre a ciò è oggetto di approfondimento, anche la storia tanto della coppia quanto quella del singolo componente, con rilievo anche su eventuali sintomi di sofferenza psichica attuale o pregressa. La presenza di una condizione psicopatologica non rappresenta necessariamente un’esclusione da tale percorso. Il ruolo dello psicologo, infatti, è quello di supportare le coppie in una scelta libera e consapevole e di mettere in atto interventi a tutela del benessere psichico del donatore e del ricevente in tutte le fasi del percorso trapiantologico, se necessario anche con il supporto dello psichiatra.

I potenziali donatori raccontano spesso come la decisione di donare sia un atto “normale”, “naturale”, sostenuto tanto dal desiderio di migliorare la qualità di vita del ricevente quanto quello della coppia o dell’intero nucleo familiare. La malattia cronica è un evento critico che ha un inevitabile impatto sia sulla vita della persona che su tutto il sistema di relazioni e affetti. Il paziente affronta un senso di minaccia alla propria integrità fisica e di perdita di sicurezza e di indipendenza mentre il sistema familiare si trova a dover modificare i ruoli e le abitudini di vita e a doversi riorganizzare per ristabilire un sufficiente equilibrio interno, con una possibile ricaduta sulla condizione emotiva del singolo e della famiglia. Il trapianto viene, quindi, visto come possibilità di ricostruire una condizione di stabilità e di benessere generale, tanto fisico quanto emotivo per tutti i componenti della famiglia. L’investimento su tale terapia, perché va ricordato che il trapianto non è una guarigione, è molto elevato ed  è quindi importante accompagnare le coppie affinché abbiano aspettative corrette e siano adeguatamente preparate. 

Un particolare tipo di  trapianto di rene da donatore vivente è il cosiddetto “cross-over” che avviene qualora una coppia di consanguinei o emozionalmente relati si riveli biologicamente incompatibile a seguire la procedura standard di trapianto da donatore vivente. In tal caso, e in presenza di almeno un’altra coppia in situazione analoga, i donatori e i riceventi, se biologicamente compatibili, si “incrociano”. Tale tipo di percorso necessita di una valutazione ancora più approfondita in ragione del fatto che non sarà il proprio caro a ricevere il rene ma un estraneo. Anche i tempi di esecuzione, che sono chiari ed espliciti nel trapianto da donatore vivente, non sono così chiaramente definibili: non sempre le procedure di trapianto avvengono simultaneamente per cui la coppia può trovarsi a dover affrontare la frustrazione di attendere per il trapianto pur avendo già effettuato la donazione.

Il trapianto da donatore vivente potrà avvenire solo dopo che la “Commissione di Parte Terza”, quindi una commissione neutra composta da specialisti che lavorano in attività relative al trapianto, abbia verificato quanto dovrebbe avere già approfondito il Centro Trapianti e cioè il legame tra ricevente e potenziale donatore, che il percorso trapiantologico si sia svolto nel rispetto del consenso informato, libero e consapevole e che la coppia abbia ricevuto tutte le informazioni relative al proprio caso clinico, ai fattori di rischio e alle reali possibilità di successo offerte dal trapianto. Si tratta di un’ulteriore garanzia a tutela della salute e del benessere tanto del donatore quanto del ricevente che si aggiunge al percorso messo in atto da ogni singolo Centro Trapianti.

Le coppie possono vivere il percorso come lungo e faticoso: il desiderio è quello di arrivare “velocemente” al trapianto, possibilmente evitando la dialisi. È, tuttavia, fondamentale e imprescindibile  l’accento e l’attenzione posti sulla tutela della coppia donatore-ricevente, con il tempo che questo inevitabilmente richiede; si tratta del requisito fondamentale affinché il trapianto abbia davvero un buon esito. 

Possiamo, quindi, dire che il trapianto da donatore vivente rappresenta un’opzione terapeutica valida nel momento in cui le coppie sono accompagnate e tutelate in tutte le fasi del percorso, senza nessun tipo di pressione, nel rispetto della scelta, dell’individualità e della storia di cui ciascun individuo è portatore. 

*la dottoressa Francesca Ferri è Psicologa Psicoterapeuta Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – SC Psichiatria

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