QUANDO GLI ORGANI DISPONIBILI VENGONO SPRECATI, SISTEMI USA E ITALIA A CONFRONTO
Un articolo apparso nel mese di settembre sull’Economist accende i riflettori sul fatto che negli USA “un gran numero di organi idonei per il trapianto non viene recuperato o non viene utilizzato”, perdendo così l’occasione di salvare migliaia di vite umane: “In America, lots of usable organs go unrecovered or get binned. That is a missed opportunity to save thousands of lives”. L’articolo prende spunto dal modello organizzativo del sistema trapianti degli USA per evidenziare alcune importanti criticità e ci offre l’opportunità di mettere a confronto alcuni aspetti relativi alla donazione e ai trapianti tra USA e Italia.
di Redazione RiVivere
Negli USA, l’organizzazione sul territorio nazionale dell’attività di donazione e trapianto di organi presenta aspetti particolari.
Per prima cosa, mentre l’attività di trapianto è in capo ai singoli ospedali, che sono pagati per queste prestazioni o direttamente dal cittadino, o, più frequentemente, attraverso le assicurazioni, la donazione (“procurement”) è governata a livello federale dal Dipartimento della Salute attraverso una specifica struttura a contratto, detta UNOS (United Network for Organ Sharing), che a sua volta gestisce la rete operativa (Organ Procurement and Transplantation Network, OPTN) attraverso una serie di organizzazioni periferiche presenti sul territorio, 56 attualmente, dette OPO (Organ Procurement Organization), che sono responsabili per il prelievo degli organi e la loro assegnazione ai pazienti che sono arruolati nelle liste d’attesa dei vari centri di trapianto delle rispettive aree undici di competenza.
Secondo i dati di UNOS, nel 2022 sono stati registrati oltre 13.000 donatori multiorgano e sono stati eseguiti oltre 36.000 trapianti di organi da cadavere, mentre in lista d’attesa risultano non meno di 103.000 pazienti, con un tasso di mortalità in lista del 10% circa.
13.000 donatori corrispondono a un tasso standardizzato pari a 41,6 per milione di popolazione, il dato migliore nel panorama internazionale: in Europa la graduatoria è guidata dalla Spagna, con valori di poco inferiori.
Tuttavia, nell’articolo si sottolinea come questo dato sia meno soddisfacente di quanto possa apparire. Infatti, negli USA si osserva un numero di decessi per incidenti stradali, overdose, suicidi e colpi da arma da fuoco decisamente più alto che altrove. Si tratta di situazioni, per l’età delle vittime e per le condizioni cliniche, più idonee al percorso della donazione: ci si aspetterebbe, quindi, un numero ancora maggiore di potenziali donatori. Secondo l’articolo, questo numero potrebbe essere addirittura il doppio, con un significativo impatto sulle liste d’attesa. Secondo Seth Karp, direttore del centro trapianti della Vanderbilt University “è inconcepibile come si possa continuare a ignorare il divario tra i potenziali donatori, che sappiamo esserci, e quelli effettivamente utilizzati.”
Le cause di questa situazione sono molteplici.
Viene messa in discussione l’efficienza delle OPO, molte delle quali, agendo in regime di monopolio nell’area di loro competenza, hanno delle prestazioni nettamente inferiori alla media, fino al punto di non rispondere alle chiamate fuori dall’orario di servizio ordinario. Tuttavia, non si sono mai osservati casi di sospensione della convenzione. E’ stato calcolato che se i tre quarti delle organizzazioni con i peggiori risultati pareggiassero quelli delle migliori, nel 2021 si sarebbero potuti effettuare circa 6.000 trapianti in più. Dal 2026, le OPO meno efficienti saranno escluse dall’organizzazione, soppiantate da quelle con dati migliori, mentre UNOS potrebbe perdere la condizione di monopolio nel governo del sistema.
Un altro dato molto significativo: nel periodo 2010-2019 la Veterans Health Administration, la più grande struttura sanitaria del paese, ha segnalato 33 donatori su oltre 5.200 decessi di soggetti potenzialmente idonei.
Sotto accusa, viene anche messo il modello del consenso alla donazione. A differenza di quanto si osserva in altri paesi, per esempio in Gran Bretagna, Francia, Spagna dove vige il regime “opt-out” o del “silenzio-assenso”, (vedremo più avanti la situazione in Italia), negli USA è del tipo “opt in”, secondo il quale possono essere donatori solo coloro che lo hanno dichiarato in vita oppure, in mancanza, se i familiari non si oppongono. Il mancato consenso è causa di una mancata donazione nella metà dei casi circa, con dati anche peggiori in non poche strutture.
Questi non sono tuttavia i soli motivi per cui negli USA si fanno meno trapianti di quanto sarebbe possibile. Per venire incontro al tema di una maggior equità distributiva, UNOS, negli ultimi anni, ha allargato l’area geografica della possibile assegnazione degli organi: questo ha però comportato un aumento del tempo di trasporto e di ischemia dell’organo e di conseguenza una maggior incidenza di deterioramento funzionale e perdita di idoneità.
Ma anche i centri di trapianto non sono esenti da responsabilità. Sotto accusa sono i criteri di accettazione degli organi, che tendono a essere molto più restrittivi che in altri paesi, in particolare in quelli europei, e questo perché l’impianto di organi con caratteristiche subottimali per età del donatore o stato della funzionalità comporta due possibili conseguenze: maggiori complicazioni nel decorso postoperatorio, con costi crescenti di gestione, o risultati meno brillanti in termini di sopravvivenza a lunga durata (per esempio a un anno), con effetti negativi sulla valutazione del centro, e quindi minori introiti economici. E’ stato calcolato che nel decennio 2004-14, in Francia, il 60% dei reni scartati negli USA sarebbe stato trapiantato.
L’articolo chiude con una amara considerazione: in attesa dei prossimi cambiamenti, ancora adesso si osserva che durante i fine-settimana il numero dei reni non utilizzati, per evitare di effettuare il trapianto in quei giorni, è del 25% maggiore rispetto a quanto si registra nei giorni feriali, nonostante una pari qualità.
In ogni caso, indipendentemente dalle diverse situazioni organizzative dei vari paesi del mondo, la disponibilità di organi per trapianto dipende da alcuni fattori, quali:
- Il livello di organizzazione sanitaria attivata
- Predisposizione della popolazione alla donazione
- Le leggi su donazione e trapianto vigenti nel Paese
- L’incidenza della mortalità ospedaliera per incidenti, ictus, patologie neurologiche, ecc.
- Numero di posti letto ospedalieri ed in particolare posti in Terapia Intensiva
- Qualità del primo soccorso extraospedaliero
- Numerosità del personale sanitario
- Entità della spesa sanitaria globale del Paese
Per quanto riguarda l’Italia, la donazione e il trapianto di organi (e di tessuti) fanno parte delle attività di cura offerte dal Servizio Sanitario Nazionale e come tali rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che devono essere garantiti in tutte le Regioni e presso le singole strutture, secondo principi di gratuità, equità di accesso e giustizia distributiva. La gestione operativa avviene attraverso la Rete Nazionale Trapianti, un sistema finalizzato alla presa in carico dei diversi soggetti, sia i potenziali donatori sia i pazienti in lista d’attesa, con modalità formalizzate e coordinate tra tutti i professionisti e le strutture che operano sul territorio, con lo scopo di promuovere una più efficiente ed efficace gestione dell’attività di donazione di organi e tessuti.
Il coordinamento delle attività di donazione, prelievo e trapianto è attualmente strutturato su tre livelli:
1) livello di coordinamento locale (all’interno degli ospedali pubblici)
- Coordinamenti Ospedalieri: sono le strutture che assicurano l’immediata comunicazione dei dati relativi al donatore al CRT (Centro Regionale Trapianti) e al CNT (Centro Nazionale Trapianti); coordinano gli atti amministrativi relativi agli interventi di prelievo; curano i rapporti con le famiglie dei donatori; contribuiscono alle attività di informazione in materia di trapianti
- Strutture per i prelievi: sono tutte le strutture sanitarie pubbliche ove si procede all’identificazione dei potenziali e alla segnalazione al coordinamento, si svolgono i prelievi di organi, tessuti e cellule staminali emopoietiche a scopo di trapianto
- Strutture per i trapianti: sono tutte le strutture ospedaliere pubbliche nelle quali sia presente una équipe autorizzata dalla Regione o dalla Provincia Autonoma ad effettuare interventi di trapianto di organi, tessuti e cellule staminali emopoietiche
- Istituti dei tessuti: le banche dei tessuti, o unità di un ospedale, o un settore di un servizio trasfusionale, o una struttura sanitaria senza fini di lucro, in cui si effettuano attività di lavorazione, conservazione, stoccaggio o distribuzione di tessuti e cellule umani. Sono considerati istituti dei tessuti anche le strutture sanitarie autorizzate ai sensi della Legge 19 febbraio 2004 n. 40 per le attività compatibili con la legge medesima. L’istituto dei tessuti può essere incaricato anche dell’approvvigionamento e del controllo dei tessuti e delle cellule
2) livello di coordinamento regionale e interregionale
Si avvale dei 19 Centri Regionali per il Trapianto. Questi Centri coordinano le attività di donazione, allocazione e trapianto sul territorio regionale. Tra le diverse funzioni dei Centri Regionali Trapianto ci sono la selezione dei riceventi più idonei per gli organi disponibili, la raccolta dei dati dei pazienti in lista di attesa, il controllo sui test immunologici e il coordinamento del trasporto dei campioni biologici, delle équipe, degli organi e dei tessuti. I Centri Regionali Trapianto curano anche i rapporti con le autorità sanitarie e le associazioni di volontariato del proprio territorio. I Centri hanno sede presso una struttura pubblica e si avvalgono di uno o più laboratori per la tipizzazione tissutale; ogni Centro è diretto da un Coordinatore Regionale Trapianto. I Centri Regionali Trapianto possono acquisire la denominazione di Centro Interregionale Trapianto, qualora le Regioni o le Province Autonome si associno per il compimento di alcune funzioni loro attribuite.
3) livello di coordinamento nazionale
Il Centro Nazionale Trapianti (CNT) è l’organismo tecnico-scientifico preposto al coordinamento della Rete Nazionale Trapianti di cui si avvalgono il Ministero della Salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano. Istituito con la Legge 1° aprile 1999 n. 91 presso l’Istituto Superiore di Sanità, opera secondo le linee di indirizzo e programmazione fornite dal Ministero della Salute, d’intesa con le Regioni e le Province Autonome.
Governa l’attività di tutti i centri della Rete, in particolare con la predisposizione di protocolli e procedure comuni e condivise, gestisce il tema della sicurezza del trapianto, segue i risultati nel tempo e produce periodi report con dati aggiornati.
Attraverso il CNT operativo gestisce i programmi di interesse nazionale (urgenze, trapianto pediatrico, pazienti di difficile trapiantabilità, scambi con l’estero, donazione da vivente cross-over e samaritana).
Per quanto riguarda la Legislazione vigente al momento in Italia, per quanto riguarda la donazione degli organi, vige il principio del consenso o del dissenso esplicito (art. 23 della Legge n. 91 del 1° aprile 1999; Decreto del Ministero della Salute 8 aprile 2000). Infatti, il “silenzio-assenso” introdotto dagli artt. 4 e 5 della Legge 91/99 non è ancora applicato, in quanto non è stata ancora costituita un’anagrafe informatizzata dei cittadini assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale che permetta la notifica ad ogni cittadino, da parte di un Pubblico Ufficiale, di un modulo per la dichiarazione di volontà in cui si informa lo stesso che, in mancanza di una esplicita dichiarazione, si presume il consenso alla donazione.
In Belgio, Francia, Spagna e Olanda il sistema è opt-out: tutti sono donatori di default e chi decide diversamente deve andare al Comune e chiedere di essere cancellato dal registro.
In Italia, rispetto agli Stati Uniti abbiamo situazioni migliori come il fatto che la sanità rigorosamente pubblica evita che gli ospedali scelgano di curare i pazienti meno gravi per ottenere risultati migliori, requisito molto stringente per poter continuare ad operare e fare profitto. Per questo in Italia i criteri di trapiantabilità sono meno ristretti che negli USA ( si parla infatti di “criteri estesi”) e quindi si utilizzano molti più organi con buoni risultati. I dati relativi al risultato del trapianto anche a lungo termine confermano la validità di questo approccio.
Riteniamo invece che sia arrivato il tempo di dare piena applicazione finalmente alla legge 91 del 1999 dove si prevede che “coloro che, debitamente informati, non abbiano dichiarato espressamente una opposizione personale alla donazione dei suoi organi sia automaticamente considerato un donatore (“silenzio assenso”).
Purtroppo, attualmente, siamo ancora in una fase transitoria, nella quale viene adottato il principio del consenso o dissenso esplicito, in base al quale nei casi in cui il potenziale donatore non abbia espresso in vita una scelta (favorevole o contraria) i familiari (coniuge, convivente more uxorio, figli, genitori) hanno la possibilità di opporsi al prelievo degli organi.
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